Odyssey


From Omero
Adaptation and direction Maria Grazia Cipriani
Sets and costumes Graziano Gregori
Sound Hubert Westkemper 
Lights Ugo Benedetti
Stage photo by Tommaso Le Pera


Actors

Teodoro Giuliani

Fiammetta Bellone

Paolo Civati

Nicoletta Menconi

Giandomenico Cupaiuolo

Federico Fioresi

Roberto Manzi

Igor Mattei

Giacomo Pecchia,

Davide Russo

Giacomo Vezzani

Director's notes

"Neath the same azure sky, on the self-same growing green. Wander the near and united the distant do wander, And see! Homer's fair sun, also is shining on us."

Schiller

 

We must attempt to plumb the depths which lie between the vision offered by literature and poetry and the reality to which they allude when giving ourselves up to Homer’s poetic evocations. Perhaps we shall be able to believe that the only real Sirens are those found in the paintings of Circe’s lascivious temptresses…

Then shall be able to coexist images both archaic and not … the realistic as well as the surreal … the dramatic and the parodistic…. in a fusion and confusion pertinent only to dreams and where Ulysses’ travels - the archetypal journey through life – can be read as an interior voyage, as a stream of consciousness whose direction is dictated by our dreams. Where the “places visited” can be transformed into moods…into memory objects…. into interior monologues… into a oneiric dimension which underlines the material insignificance of the “places” themselves, only important for their symbolism.

Across the ages, from the time of Homer’s narrations to the present day, the hero Ulysses with his wanderings has undergone a long process of metamorphosis in the successive adaptations to modern forms of experience and it is now impossible to give a rendering, however ambiguous, of Ulysses and his journey between ribaldry and pietas, between the banal and the fantastical, between life and death, which is not an expression of our day-to-day existence.

 

Maria Grazia Cipriani



Acknowledgements

nomination as the best performance in innovative theatre for Odyssey at the E.T.I. award "Gli Olimpici del Teatro"

candidatura al premio E.T.I. "Gli Olimpici del Teatro" per il miglior spettacolo del teatro d'innovazione con lo spettacolo Odissea

2004



Reviews

Un emozionante viaggio tra i mostri di oggi-La Repubblica

Franco Quadri

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Quindici anni dopo l'Iliade, il Teatro Del Carretto ricrea l'Odissea, senza più chiedere alle statue degli dei di mediare la terribilità insita nel mito, lasciando il posto alla ferocia di una storia ricca di miraggi, ma non di illusioni, nel suo spettacolo forse più alto e disperato. Sopra la lignea scena circolare e multiforme di Graziano Gregori, palazzo-grotta-nave-tomba, la regia di Maria Grazia Cipriani situa dal principio di fronte a Ulisse, ancora in veste da mendicante, e ai suoi congiunti, soltanto i Proci, padroni del palazzo di Itaca, e subito in preda a un'orgia sfrenata.

Ma si tratta di un sogno di Penelope che apre un ininterrotto gioco di specchi.

L'eterno ritorno s'è già concluso, ma l'eroe non smette di ripercorrerne le tappe col pensiero mentre i Proci si prendono gioco di lui, costretto a una parodia del cavallo di Troia, per poi passare spontaneamente a rivivere l'avventura con Polifemo, che è in realtà un suo doppio, costringendo i rivali a calarsi nei panni dei suoi marinai, in parte uccisi dal ciclope, e che più tardi lo legheranno a un palo perché non senta il canto seduttivo ma muto delle sirene.

E' un viaggio da fermo, di sogno in sogno, che raggiunge il culmine nella discesa all'Ade, quando Ulisse, sempre attorniato dai suoi nemici travestiti, incontra la madre, altissima nella sua lunga tunica, che gli si rivolge col canto della Callas e si getta poi nell'abisso lasciandolo tra le braccia di Calipso con un'emozionante fluidità inventiva.

E i Proci - già trasformati, sotto forma di marinai, nelle vacche del sole che muoiono incornate contro le pareti - conosceranno finalmente la morte in prima persona, a uno a uno, in un sadico spietato rituale ripetitivo che vede i corpi trafitti, risucchiati e appesi, in un'autentica, tremenda strage di innocenti che il cerimoniale peraltro rende quasi astratta, come i gesti di guerra che vediamo ripetersi all'infinito alla TV.

Il coincidere di due sogni di Penelope e di Ulisse sembra allora sigillare una storia che in realtà non ha fine, perché questo Ulisse che non ci dice chi è - e che Teodoro Giuliani raffigura come un uomo medio

- identifica la vita col viaggio e finisce abbracciando un mappamondo come Charlot nel Grande

Dittatore.

Benissimo interpretato da un gruppo giovane con le magie foniche di Hubert Westkemper, lo spettacolo è un emozionante viaggio tra i mostri del nostro quotidiano: "2003 Odissea nella mente".

 

ENG

A thrilling journey amongst today’s monsters.

Fifteen years after the Iliad, the Teatro Del Carretto has recreated the Odyssey, this time, however, without calling on the statues of the gods to intervene in the horror inherent in the myth, but giving full play to the ferocity of a story full of mirages but not illusions, in what is perhaps the company’s deepest and darkest production to date. On the wooden circular set, designed by Graziano Gregori to be palace, cave, ship and tomb by turns, Maria Grazia Cipriani’s production, from the beginning, sets only Penelope’s suitors, who are in possession of the palace on Ithaca and embarked on a wild orgy, against Ulysses (disguised as a beggar) and his people. But this is Penelope’s dream, beginning an endless game of mirrors.

The long journey home is over, but the hero cannot stop retracing that journey in his mind while the

suitors mock him. He is forced to parody the Trojan horse and then slips into reliving the adventure

with Polyphemus, in reality his double. He makes his rivals become his sailors, some of whom are killed by the Cyclops while the others later tie him to a mast so that he cannot hear the seductive but

soundless song of the Sirens.

This is a journey without movement, from dream to dream, reaching its climax in the descent into

Hades when Ulysses, still surrounded by his enemies in disguise, meets his mother, very tall in a long

tunic, who sings to him like Callas and then throws herself into the abyss, leaving him in the arms of

Calypso, with an exciting, ingenious fluidity.

The suitors – transformed by now, as the sailors, into the Cattle of the Sun who die with their horns

impaled in the walls – finally meet their own deaths, one by one, in a sadistic, pitiless, repetitive ritual

which leaves their bodies run through, sucked down and hung up, in a truly horrible massacre of the innocents. The ritual, however, becomes something almost abstract, like the scenes of war repeated

ad infinitum on TV.

When the dreams of Penelope and Ulysses meet, this seems to set the seal on a story without end because this Ulysses who doesn’t tell us who he is – and whom Teodoro Giuliani plays as an average man – identifies life with journeying and ends up clasping a globe, like Charlie Chaplin in The Great Dictator.

Excellently performed by a group of young actors, with magical sound effects by Hubert Westkemper, this play is a thrilling journey amongst the monsters of our time: "Mind Odyssey 2003".

Viaggi e Miraggi- Il Manifesto

Gabriele Rizza

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Il Teatro Del Carretto ha lavorato su Omero.

Dopo Iliade arriva Odissea. Lavoro maturo, viene da dire, che svolge compiti visionari e drammaturgici allo stesso tempo. E riempiendo le tessere del poema omerico con una precisa emergenza sia cronologica che ambientale. Un teatro avvolto nel clima della ricerca (con Ulisse uscito pari pari dall’ultima sperimentazione scespiriana o beckettiana, lungo pastrano e naufragante certezza di un viaggio teatrale di ricerca interiore) e attorno il coro dei compagni, marinai e Proci, il ritorno a Itaca, Telemaco, Penelope, e qualche taglio e tutto il resto, da Polifemo alle sirene alle giovenche del Sole. Affascinante elaborazione e pellegrinaggio, dentro la scatola magica, tutta botole e corde, come una carretta del mare, una nave cisterna piena di ombre e di fantasmi, solfeggiate dalle tempeste e attraversata dalle scoperte, che trasporta i suoi abitanti lungo rotte perigliose (e noi con loro). Una bellissima e come sempre funzionale struttura lignea, circolare come una pedana da circo, che cambia volto e si trasforma, diventa tutta la fantasia dei posti e dei luoghi, la casa di Itaca e le inquietudini di un percorso che ogni tanto si accende delle luci del varietà e alla fine è subito destinato a ricominciare, con quel mappamondo che ripiomba in scena e Ulisse lo afferra come cosa sua. Irrinunciabile. Lavoro corale, effetti speciali. I trucchi di una sapienza ormai collaudata in anni di esperienza e progetti, portati avanti da Maria Grazia Cipriani e Graziano Gregori, con la mente che si allarga da quel piccolo perimetro ligneo alle più profonde e estreme solitudini e latitudini, magmatico segno di violenze, arcaismi mediterranei, sogni e incubi, e meraviglie visive, manichini spezzati, sangue che cola, accette confisse, una tensione e un dinamismo carichi di fiabesche rivendicazioni al teatro dell’arte e all’arte (antica e moderna) del teatro. Fabbrica di illusioni e di farneticanti illusionismi.

 

ENG

Journeys and Illusions.

The Teatro Del Carretto has been at work on Homer. After the Iliad comes the Odyssey. The play had its premier in Lucca and yesterday evening transferred to the Niccolini Theatre in San Casciano to a total sell-out and a triumphal (and well-earned) reception. This is a highly developed piece, it must be said, relating deeds that are visionary and dramatic at the same time, and filling Homer’s mosaic with a narration carefully fixed in time and place. It is also theatre shrouded in an atmosphere of quest (with Ulysses coming straight from the latest treatments of Shakespeare or Becket, long overcoat and desolating certainty of a theatrical journey of interior quest) with a chorus of companions, sailors and suitors, the return to Ithaca, Telemachus and Penelope, a few cuts and the rest, from Polyphemus to the Sirens to the Cattle of the Sun. The tale and the wanderings take place in a magic box, all trapdoors and ropes, like a barge at sea or a tanker full of shadows and ghosts, rocked by storms and crossed by discoveries, taking the characters (and us with them) on voyages fraught with danger. The set is beautiful and, as always, functional – a wooden structure like a circus ring, which changes appearance and becomes, in imagination, the places and settings, the house in Ithaca and conveying all the restlessness of a journey, now and again lit up like a variety show, but finally destined to begin again, as the globe falls on to the stage and is embraced by Ulysses as his own. Not to be missed. Maria Grazia Cipriani and Graziano Gregori have used company work, special effects and professional skills tested over many years and projects with an insight which expands from the little wooden perimeter to the deepest extremes of solitude and distance, confused, indistinct violence, Mediterranean archaisms, dreams and nightmares, and marvellous visual effects such as dismembered dummies, flowing blood and embedded axes. This production has a tension and dynamism loaded with fantastic claims on theatre dell’arte and the art of theatre (old and new), and is a factory of illusions and delirious conjuring tricks.

Identità e Odissea-La Gazzetta di Parma

Valeria Ottolenghi

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Ora so, per lunghi mesi, cosa rispondere quando mi domanderanno cosa abbia visto di particolarmente bello, quale spettacolo è meglio non perdere. Ecco, la risposta non avrà esitazioni, sarà possibile dire, senza alcuna riserva: l’Odissea del Teatro Del Carretto, adattamento e regia di Maria Grazia Cipriani, scene e costumi di Graziano Gregori. …….Un incontro che non può deludere nessuno, una teatralità densa, stupefacente, magnifiche visioni ma anche una sottile interpretazione a più livelli, specie per il rapporto padre e figlio, con Telemaco sempre presente mentre Ulisse ricorda/racconta evocando in presenza quanto gli è accaduto vagando per il Mediterraneo, pensando di tornare a casa. Lo spettacolo, ha letteralmente incantato il pubblico che si è lasciato meravigliosamente catturare già alla prima scena, quel piano circolare inclinato che è la reggia di Itaca, il ponte della nave/zattera mossa dalle onde, avvolta dal mare in tempesta, spazio delle apparizioni, il passato vero/sognato che ritorna. Corte, abiti moderni per la cerimonia del teatro, sensualità, sentimento di morte: una densa, piena fisicità………

Uno spettacolo, concreto, fisico, visionario e pure magistralmente fitto di molti sensi creati per i piccoli gesti, sguardi, vicinanze. Davvero bellissimo.

 

ENG

Identity and the Odyssey

Now I know, and will know for months to come, what to say to people who ask me what I’ve seen that I thought was particularly good, what show they must see. This is it, the answer I can give without hesitation or reservation – the Teatro Del Carretto’s Odyssey adapted and produced by Maria Grazia Cipriani, with sets and costumes by Graziano Gregori. This is an event that will disappoint no one, not only on account of its dense, astonishing theatricality and magnificent spectacle, but also for its subtle interpretation on several levels, especially in the father-son relationship. Telemachus is always there while Ulysses recalls/recounts and brings to life all that happened to him as he wandered over the Mediterranean and dreamed of coming home. The play quite literally enchanted the audience who wonderfully allowed themselves to be captivated from the very first scene – with its sloping floor, now the palace in Ithaca, now the deck of the ship/raft rocked by the waves, surrounded by storm, a space for ghosts and the true/dreamt past that keeps coming back. Modern clothes for theatrical ceremony, sensuality, the feeling of death, a dense, rich physicality.

This is a concrete, physical, visionary play, skilfully rich in meaning conveyed by little gestures, glances and affinities. Really beautiful.

Un'Odissea solenne e tragica- La Nazione

Paolo Ceragioli

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Cruda, agghiacciante, solenne, tragica: così come deve essere. L’”Odissea” del Teatro Del Carretto, coglie i momenti più drammatici del poema omerico: l’assenza, la morte, la vendetta, lasciando pochissimo spazio alla gioia del ritorno dell’eroe. E l’immagine di un futuro fatto ancora di viaggi e conquiste si materializza con la conclusiva citazione chapliniana da “Il Grande Dittatore”: un grande globo terrestre, con il quale Ulisse gioca con leggerezza. Nell’unica scena fissa – un grande cerchio di legno, inclinato verso la platea, con funi che cadono dall’alto e una serie di botole – il geniale Graziano Gregori ha realizzato in un colpo solo una nave, un salone della dimora di Ulisse a Itaca e l’immagine del tempo che passa, segnato da Penelope che cammina lentamente in senso antiorario, come in un grande orologio, per gran parte dello spettacolo.

Non mancano le maschere animali e un credibilissimo fantoccio, squartato con realismo. Gli elementi scelti da Maria Grazia Cipriani (adattamento originale e regia) sono forti, nei colori – rosso sangue nelle interiora del cibo immondo degli usurpatori, pretendenti di Penelope – e nei toni, gridati e confusi con gli assordanti suoni di fondo: tuoni, mare e tempesta, echi arcani e schiocchi di frusta.

Fiammetta Bellone è una bellissima Penelope, dolente e incapace di riconoscere il suo sposo, tornato sotto le spoglie di mendicante; Teodoro Giuliani è un Ulisse maturo, ieratico e lucido, ma l’intera compagnia conquista per la padronanza della scena.

 

ENG

A solemn and tragic Odyssey.

Raw, chilling, solemn and tragic – as it should be. The Teatro Del Carretto’s Odyssey, which opened on Friday at the Teatro del Giglio, deals with Homer’s most dramatic moments – absence, death, and revenge, with little room left for joy at the hero’s return. The idea of a future made up of more voyages and conquests is made plain in the concluding reference to Charlie Chaplin in The Great Dictator when Ulysses toys with a great globe of the world.  With the single fixed set – a large wooden circle sloping towards the front of the stage, with ropes falling from above and a series of trapdoors – the brilliant Graziano Gregori has created not only a ship and a room in Ulysses’s house in Ithaca, but also the image of time passing, with Penelope walking slowly and anti-clockwise, as if on a large clock, for most of the play. There are also animal masks and a truly lifelike puppet, realistically butchered. Maria Grazia Cipriani (her own original adaptation and production) has chosen powerful colours – the blood red entrails of the foul food of Penelope’s suitors – and sounds, with shouts, confusion and the clashing background noise of thunder, sea and tempest, mysterious echoes and the cracking of whips.

Fiammetta Belone is a beautiful Penelope, grieving and unable to recognise her husband in his disguise as a beggar, and Teodoro Giuliani is a mature, stately, lucid Ulysses, but it is the company as a whole who make this production such a success with their thorough command of the stage.

Il mondo sulla zattera di Ulisse- Il Tirreno

Manolo Morandini

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Un’occasione per “rileggere” e avvicinarsi ad un classico, nella versione del Teatro Del Carretto. Un lavoro non facile e impegnativo, per trasferire l’incanto dell’opera letteraria in teatro, che nell’adattamento di Maria Grazia Cipriani ha conservato intatto il suo spirito attraverso i motivi essenziali dell’opera. Tutto accade su una sorta di zattera rotonda in legno, una magia scenica, invenzione di Graziano Gregori, che lentamente si trasforma in altri luoghi, creando un ambiente multiforme e fantastico. Gli elementi narrativi sono parti consistenti delle scene, entrano nei dialoghi, diventano monologhi e, uniti a invenzioni e variazioni teatrali, contribuiscono a mantenere inalterato il ritmo dell’azione.

Evidente la scelta di narrare lasciando allo spettatore l’ascolto e la trasformazione visuale delle pagine più straordinarie della vicenda, ma anche l’idea di riferimenti all’attualità.

 

ENG

The world on Ulysses's raft

…The audience applauded the cast again and again, calling them back at the end of the performance and chattering in full agreement about the play as they left the theatre.

This was a chance to re-read and improve acquaintance with a classic, in the Teatro Del Carretto’s version. A demanding and no easy task to transfer the spell of the literary work to the theatre, but Maria Grazia Cipriani’s adaptation preserves its spirit intact by means of the work’s essential motifs. Everything takes place on a kind of round wooden raft, theatrical magic designed by Graziano Gregori, which changes from one place into another, creating a multiform, fantastical setting. The narrative elements are consistent parts of the scenes, entering into the dialogues, becoming monologues and, together with the theatrical inventions and variations, driving on the pace of the action.

The choice of narrating and allowing the audience to listen, and the visual transformation of the most exciting pages is clear, as is the idea of referring to the present-day….

Odissea dentro la psiche umana-Alto Adige

Anna Maria Eccli

***English version coming soon***

Una storia di ferocia, sopruso e disperazione sospesa in un tempo di cui sfugge la sostanza, consumata in uno spazio circolare che è la tolda della nave di Ulisse, ma che di volta in volta si fa anche reggia di Itaca, patibolo e arena, postribolo e tomba. Bellissima l’Odissea della regista Maria Grazia Cipriani e dello scenografo Graziano Gregori. Uno dei testi più difficili da mettere in scena, per la moltitudine di caratteri e unità narrative che vi si interpolano, ma anche per l’evidente svantaggio dello spazio teatrale, fisso, rispetto a quello mobile cinematografico che ha ormai “viziato” la percezione, tra le mani del duo Cipriani-Gregori s’è rivelato un attualissimo viaggio nei recessi più bui e silenziosi del mito e della coscienza arcaica dell’uomo, anche di quello moderno. Bravi i giovani attori, che hanno saputo fare un uso assolutamente forte di sé e bravissimo Teodoro Giuliani, alias Ulisse, ma anche Polifemo; il tenero padre di Telemaco, ma anche il furioso marito di Penelope che trafigge uno ad uno gli usurpatori; il trionfatore che dissipa le tenebre e che infine incita il figlio Telemaco a non esultare sugli uccisi. Tutto è compiuto quando la scena si apre: Telemaco è nella reggia presidiata dai Proci, in un tempo immoto di dissolutezza e perdita, segnato dal giro antiorario di Penelope attorno all’assito circolare. Giocando con le dimensioni atemporali della psiche, Cipriani-Gregori hanno tracciato attorno a Ulisse lo spazio allucinato d’un inconscio popolato di mostri e creature grottesche mugghianti nell’onda, pericolosi antropofagi in giacca e cravatta ed immondi esseri dalla sessualità incerta, ma sicuramente debordante. Sono gli uomini di Dioniso, i Proci di sempre, uomini di successo o baccanti scatenate che consumano come bestie le carni sanguinolenti, forse comparse acefale di un ordine mondiale che schiaccia e minaccia l’individuo. Che sembra, anzi averlo definitivamente vinto. Ebbri e prigionieri, costretti a un dimenar d’inguine meccanico che ne tradisce la natura bestiale ma che non dimeno ne segnala la “captività”……A fungere da colonna sonora a questa tribalità standard, il sintetizzatore elettronico e le sonorità inusuali di Hubert Westkemper. E quest’Odissea , nel panorama anoressico d’un teatro in cui spesso si fatica a distinguere il lato dilettantesco da quello profondo, è stata ambrosia.

 

Odissea cruenta-L'Espresso

Rita Cirio

***English version coming soon***

A vent’anni dal loro primo spettacolo, il tenero e meraviglioso “Biancaneve” consigliabile per adulti e bambini da cinque a 80 anni e oltre, il gruppo del Carretto di Lucca continua ad assomigliare alla città dove opera, aristocratico e un po’ misterioso, al riparo con la propria originalità e creatività dalle mode più o meno effimere o di finta ricerca…… Difficile competere con questo gruppo nell’affrontare i classici, che siano “Biancaneve” o “La Bella e la Bestia” “Romeo e Giulietta” o “Sogno di una notte di mezza estate” , le “Metamorfosi” di Kafka o “Iliade”: attori in carne e ossa, e attori oggetto o marionette, invenzioni e colpi di scena scenografici, uso parco ed evocativo della parola, colonne sonore avvolgenti e mai frastornanti. Così come nella loro “Odissea” dove una piattaforma tonda è insieme reggia, nave, grotta di Polifemo o di Circe, calzoni e giacche nere per i Proci, in bianco Telemaco e Penelope, sangue e viscere di manichini sventrati, mascheroni di vacche e maiali, in una evocazione ellittica, cruenta e inquietante del poema omerico.

Il viaggio di Ulisse fra sogni e visioni-Arte e spettacoli

***English version coming soon***

Il Teatro Del Carretto di Lucca diretto da Maria Grazia Cipriani, presentando la sua rilettura del poema omerico “Odissea”, propone una delle più interessanti tappe che vanno ad aggiungersi a un percorso di rivisitazione di classici che la compagnia toscana aveva già realizzato nel 1988 con un altro capolavoro di Omero, “Iliade”……….Una delle cifre stilistiche che caratterizzano i lavori del Carretto è lo stretto legame che apparenta il mondo teatrale con quello della letteratura. Accanto a ciò vi è un utilizzo significativo della musica e del movimento collettivo in una simbiosi di immagini forti, sanguigne, fisiche, terrigne, che nel caso di personaggi come Ulisse, diventano testa di ponte fra realtà e mito in una corsa fantastica attraverso il sogno.

Maria Grazia Cipriani ha interpretato i miraggi della sua “Odissea” con gli occhi della meraviglia. Su una pedana circolare inclinata, ricca di botole, corde, pareti nascoste e apparizioni a sorpresa, la regista muove dieci attori su una scena fissa che si trasforma continuamente e che ha il grande pregio di essere animata da una dinamica fisica costante, cruda, avvolgente….

Le suggestioni dell'Odissea-Corriere del Ticino

Paolo A. Paganini

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Ecco finalmente in scena l’Odissea della Compagnia toscana “Teatro Del Carretto”. La particolare attenzione verso questo spettacolo è dovuta al tam-tam di esperti ed appassionati, che hanno indicato questo allestimento come il più bello della stagione. Già nel 1988 la Compagnia si era cimentata, a Spoleto, con l’Iliade, suscitando ammirati consensi per l’immaginifica creazione scenica. Ora, con quest’altro adattamento da Omero, spinge la propria ricerca su un piano drammaturgico, tra sogno e realtà, come percorso dell’uomo tra i mostri della mente. L’opera trae ovviamente spunto da Omero, ma poi vive di vita propria, si nutre di immagini che si schiantano contro ogni logica narrativa per intricarsi in cupe accensioni della mente, incubi e fantasie. Certo i referenti omerici sono rispettati nella loro essenzialità. C’è  la reggia di Penelope invasa dai Proci che ne pretendono la mano, e intanto gozzovigliano, imbestiandosi in copule ancillari e bestemmie agli dei; c’è la funesta superbia di Ulisse contro Polifemo accecato; e poi la maga Circe, e le Sirene, e le Vacche del Sole, e la terribile vendetta finale di Ulisse, che stermina gli storditi e violenti invasori della sua reggia. Ma, nella successione scenica, risultano come fantastiche implosioni di un lacerato inconscio, che, tra un tassello e l’altro, ricerca affannosamente una luce interiore, una via di salvezza, che forse si trova in una liberatoria vendetta, che forse si intravede nell’amore della fedele Penelope.

E quando la pace sembra scendere sulle follie e le crudeltà degli uomini, ecco l’ultima beffarda scena, con Ulisse che sorregge un grande mappamondo, allegoria delle Colonne d’Ercole, ultimo confine del mondo antico. Qui simboleggiano l’ultimo miraggio, che, a dirla con Dante, “per seguir virtute e conoscenza”, spingerà Ulisse ad inseguire i mostri inquieti della mente verso gli incogniti abissi degli oceani...

Ulisse: viaggio nella violenza-Corriere della Sera

Magda Poli

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Il viaggio dell’Ulisse omerico nella rielaborazione del Teatro Del Carretto, drammaturgia e regia di Maria Grazia Cipriani, si trasforma in un viaggio nella coscienza dell’uomo occidentale. Un viaggio a ritroso dall’arrivo a Itaca lungo uno sprofondare in ricordi, in un rimescolarsi di tempi, luoghi, ruoli, personaggi, un viaggio che è un incubo ad occhi aperti, percorso da un ininterrotto filo rosso di violenza. Su di una piattaforma circolare – la magica scena e i costumi evocativi sono di Graziano Gregori – ponte di una nave dall’angoscioso carico di ombre e di fantasmi, quadrante di un orologio di furore e brutalità, rifugio agognato, spiaggia, Ade, tomba, piattaforma di una giostra infernale, pista di un circo brutale, si materializzano i mostri di un inconscio impregnato dal sangue che dimentica troppo facilmente la pietà: un  manichino oscenamente squartato, bestie inquietanti, uomini che divorano altri uomini, i Proci, Polifemo, il cavallo di Troia, forme di uno stesso volto in un eterno ritorno di violenza. Con tensione e bravura tutti gli attori, da Teodoro Giuliani, Ulisse, danno vita ad uno spettacolo affascinante, barbarico e allucinato che è un viaggio nel nostro universo in mano, come il mappamondo di Charlot Grande dittatore, a uomini da sempre malati di violenza.

Un'Odissea potente e visionaria- La Repubblica

Simona Spaventa

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E’ un Odissea visionaria, onirica, di grande forza visiva quella messa in scena dal Teatro Del Carretto. Il palcoscenico annullato nel nero è dominato da una possente macchina scenica, meravigliosa costruzione di Graziano Gregori, una pedana rotonda le cui assi di legno evocano il ponte di una nave, dove grosse funi incombono come cappi.

In questo spazio fortemente materico, l’azione procede per allusione, travalicando la linearità narrativa (il racconto si concentra sull’arrivo a Itaca di Ulisse e sullo sterminio dei Proci) per seguire altre vie, legate alle immagini e ai suoni. Suoni violenti – tuoni, colpi d’accetta, ruggiti ferini – e immagini altrettanto cruente. I Proci usurpatori che divorano viscere, i loro gesti osceni, lo scherno verso il mendicante straniero, che si rivelerà Ulisse, costretto a indossare una maschera equina e a trasformarsi nel più antieroico dei cavalli di Troia. E proprio l’uso di maschere bestiali dà vita ai momenti di maggior impatto dello spettacolo: il cabaret decadente dei Proci, che danzano in guépière indossando musi di maiale, il manichino che si squarcia spargendo polvere rossa come sangue, le vacche sacre immolate dai compagni di Ulisse giustiziate al muro come martiri di guerra. Grottesco e tragico si mescolano in un complesso gioco di suggestioni, mai gratuite, dove i ruoli si sovrappongono, e Ulisse (l’intenso Teodoro Giuliani) diventa il Ciclope che acceca, i Proci insolenti le vittime sacrificali di una vendetta sanguinaria. Un sogno potente sulla realtà, mitica e insieme contemporanea, e sulla sua ingiusta, eterna ferocia.

Un'Odissea visionaria

Renato Palazzi

***English version coming soon***

Al tempo degli esordi, avvenuti una ventina d’anni fa con Biancaneve, praticava una singolare forma di teatro costruito  sul rapporto tra figure umane e automi, fantocci inquietanti, sinistre e impressionanti marionette. Poi, questa centralità delle creature artificiali il Teatro Del Carretto di Lucca l’ha in parte superata in nome di una più ampia idea di spettacolo: ma l’impronta originaria resta nel tagliente gusto figurativo, nell’inventiva dell’apparato scenografico, nell’uso degli oggetti, nella stessa plasticità delle presenze degli attori, talora simili a statue in carne e ossa.

La prima e la più forte delle idee che caratterizzano il suo ultimo spettacolo, questa visionaria Odissea, è nella poderosa macchina scenica che lo contiene e lo scandisce, una piattaforma circolare delimitata da balaustre e attraversata da funi, insieme sala di palazzo, tolda di nave, pista di circo, giostra infernale e quasi enorme orologio nel quale è il movimento rotatorio di Penelope a segnare il fatale scorrere del tempo. La seconda è nel fatto che l’intera storia parta dalla fine, dal ritorno di Ulisse, e ne richiami le vicende come frammenti di memoria evocati – se non con gli occhi dei Proci – almeno con la loro partecipazione attiva.

Il fascino dell’operazione è proprio in questo ambiguo mescolarsi dei tempi e dei ruoli, per cui il massacro imminente, il massacro in corso diventa una sorta di mimesi dei massacri e delle sanguinose avventure del passato, e queste le prefigurazioni di quello; così gli avidi intrusi, i pretendenti alla mano di Penelope che maltrattano Ulisse travestito da mendicante si trasformano nei compagni che lo legano per consentirgli di ascoltare senza rischi il canto delle sirene, ma all’occorrenza anche nei troiani sgozzati, o nelle vacche del Sole la cui macellazione attirerà sui guerrieri di Itaca l’ira divina………

Un allestimento spettacolare- Il Tempo

Assia Baudi Di Selve

*** English version coming soon***

 

Alla fine dell’Odissea, Ulisse abbraccia il mondo.

Identifica il viaggio con la vita.

L’Odissea di Omero adattata da Maria Grazia Cipriani è metaforica, simbolica. Tra sogno e realtà. Si svolge su un superficie circolare in legno, obliqua, che sembra sospesa a mezz’aria. Un luogo astratto, a turno casa, nave, non luogo, pensato dall’ingegnoso scenografo Graziano  Gregori per accogliere corpi che cadono e rotolano. Si aggrappano alle corde mobili che pendono dall’alto, ondeggiano, si lanciano. La Compagnia del Carretto sfrutta lo spazio verticalmente: irrompe dal basso, da sotto la pedana in legno, e al ventre inevitabilmente riscende. Calandosi con le corde o saltando nel buio. Tutt’intorno, nero assoluto. I proci, i pretendenti di Penelope, si scatenano in un’orgia e danno inizio allo spettacolo. L’aria è bollente. I corpi fremono, seguono il ritmo di Hubert Westkemper, primitivo e futurista al tempo stesso.  un tratto indossano tutti rossi corsetti di pizzo e rossetto. Lussuriosi, provocatori, scenografici. Creativi come circensi. Sono visioni oniriche di Penelope e fantasmi di Ulisse. Lui è tra loro in veste di mendicante che viene umiliato e deriso e li affronta. Lo costringono a una parodia del cavallo di Troia, con tanto di maschera. E lui si sottomette, consapevolmente. Ma in alcuni momenti prendono il sopravvento i suoi viaggi. I ricordi s’impadroniscono dei proci, che diventano marinai. Scivolano dalla prua alla poppa della nave, simulando di essere in balia delle onde. Legano l’eroe con le cime per impedirgli di cedere al canto delle sirene. Poi nel mezzo del viaggio nella sua interiorità , Ulisse si identifica con il Ciclope, tragedia e poesia diventano uno.

Un’ Odissea violenta e visionaria…… Un allestimento spettacolare.

Il mito diventa raffinato gioco d’incastri: Ulisse eroe sconfitto -La Nuova Sardegna

Leonardo Sole

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L’Odissea offerta dal Teatro Del Carretto è uno spettacolo di altissimo livello.

Punti di forza sono la compattezza del disegno d’insieme, una scena polifunzionale, una magistrale orchestrazione dei rumori e dei suoni, in un dinamismo in cui la parola diventa voce e suono e musica. La regia rigorosa di Maria Grazia Cipriani, che ha anche adattato il testo con un raffinato gioco di incastri e sequenze tematiche, ha raggiunto la poesia senza sfiorare le sdolcinature del poetico, ma con precisione e durezza…………

Un pessimismo di fondo accompagna infatti questo spettacolo, pur aperto alle sollecitazioni amare della poesia. Il mito di Ulisse è troppo noto perché ci si debba soffermare qui. Val la pena invece accennare al gioco sottile tra orizzontalità: (la piattaforma-circo animata dal movimento fortemente ritmato degli interpreti) e verticalità, il sistema delle corde, che nella scena finale diventano strumenti di supplizio. Qui si celebra la grande prova di attore di Teodoro Giuliani, un Ulisse che esalta la sua umanità senza gesti altisonanti ma con sofferta caparbietà e senso pessimistico del dovere, con gesti perentori ma non rigidi, aperto alla tenerezza, scultoreo nell’ira ma non scomposto nella violenza. Un’interpretazione che lascia il segno.

…….Alla fine la scena aperta a tutte le trasformazioni si chiude in se stessa, gli spazi si interiorizzano e diventano, con Ulisse che soccombe sotto il peso del mondo, spazio metafisico e punto estremo di una incolmabile, umana solitudine. Questo Ulisse vincitore e sconfitto, che si allontana lentamente dalla sua Penelope appena ritrovata, abbandonato dagli uomini e dagli dei, fa pensare non tanto all’Ulisse omerico, quanto a quello inchiodato alla sua pena infinita dalla impietosa pietas della giustizia dantesca.

Il viaggio violento di Ulisse- l'Unione Sarda

Roberto Cossu

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Alla fine del suo viaggio Ulisse abbraccia un globo, come Chaplin nel Grande dittatore.

E’ un tocco di leggerezza, quasi estatico, dopo un paio d’ore di carne e sangue. Ulisse non ha conquistato il mondo, caso mai l’ ha evitato. Seduto da una parte (dall’altra c’è Penelope), quieto, col mantello regale, sembra accarezzare il calore familiare. Ma il globo è spazi, incertezze, insidie. E’ ieri e oggi, un’isola e il continente, la terra e il mare. E per uno che si è insinuato anche nell’Ade è persino poco.

…..Niente incantesimi rubati ai bambini in questa Odissea. La favola non coglie l’avventura, la magia: spoglia piuttosto un eroe che ha vissuto orrori, perdente anche quando è vincente, vendicatore per decreto. Sballottato dal caso e alla fine scientifico assassino. Senza nessuna citazione esplicita di contemporaneità, quel che affiora dalla messinscena è un mondo vicinissimo. Dove il sangue non ha molti perché e nessuno può esimersi dal versarlo. Più nitido di qualsiasi altro messaggio, colpisce la cecità dei Proci: il loro ridere sguaiato, il mangiare vorace, il gesto nevrotico. L’incapacità, a dispetto dei segnali, di avvertire lo sterminio. Il loro esistere è un’orgia continua, di bocca e di basso ventre. Il mendicante Ulisse è insieme indovino e offeso, misero e vendicatore. E cantastorie. Perché da lì, come un sogno convulso, che afferra dolorosamente le emozioni, Odisseo ricorda la sua Odissea: frammenti che si aggrappano al presente, personaggi che si incastrano. E tutto si distorce, tutto è distorto dai suoni lancinanti di Hubert Westkemper.

L’affascinante spettacolo del Carretto di Lucca- La Stampa

Masolino d'Amico

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Racconta tutta l’Odissea in 100’ senza intervallo, l’ultimo spettacolo del Carretto di Lucca. Per farlo si serve di undici attori e di una scenografia attiva quanto loro, una piattaforma di legno rotonda e inclinata con un bordo rialzato, simile alla sommità di una notte. Sormontata da funi pendenti che possono fungere da altalene, disseminata di botole invisibili, parzialmente innalzabile per formare un muro, questa piattaforma sollecita continuamente la fantasia diventando via via, con poche modifiche, la reggia di Itaca, la nave delle peregrinazioni, la grotta di Polifemo, la porcilaia di Circe, e via dicendo.

Come il poema, si comincia coi Proci – sbracati giovanotti dall’aria patibolare in calzoni e giacca nera, camicia candida – che banchettano oscenamente nella dimora di Ulisse,  mendicante barbuto infagottato in un cappottone al quale i prepotenti danno la baia, sbeffeggiandolo. Dopodiché – potrebbe essere come un  delirio nella memoria confusa di questo barbone – gli stessi giovanotti, con l’occasionale contributo di una ancella corrotta, discinta e agitata come una menade, si prestano a rievocare mediante una serie di pantomime le principali peripezie dell’eroe, partendo dall’impresa del cavallo di Troia – questa, una parodia da avvinazzati – per proseguire con l’accecamento del ciclope, la resistenza al canto delle Sirene, la prigionia  dalla maga, l’incontro con la madre, le giovenche del sole, fino alla conclusione con lo sterminio dei pretendenti alla mano di Penelope. Concertando coreografie energiche e precise, suggestive di molta violenza rituale – il rosso del sangue è quasi l’unico colore contro lo sfondo del legno, degli abiti neri e dei corpi sovente seminudi -, la regia di Maria Grazia Cipriani si avvale di elementi vividamente disegnati da Graziano Gregori a supporto della propria scenografia: inquietanti maschere per i maiali e per le vacche, cruente frattaglie per il fiero pasto dei banchettanti, un assai realistico manichino spezzato in due mentre vola verso l’alto per essere divorato dal Ciclope, ecc., ecc.

L’avvolgente colonna sonora di Hubert Westkemper cita a un certo punto i Vespri Siciliani, e la madre di Ulisse gli viene incontro cantando con la voce della Callas prima di sprofondare lentamente nell’abisso dell’Ade…..Il tutto è affascinante, l’approdo di un lavoro di équipe ispirato nelle invenzioni e poi meticoloso nel realizzarle. Strenui tutti gli interpreti; ricorderò il solido Ulisse-vagabondo di Teodoro Giuliani, e le due donne, la composta, dolente Fiammetta Bellone e la spirtitatissima Nicoletta Menconi.