Pinocchio


da Carlo Collodi

adattamento drammaturgico e regia

Maria Grazia Cipriani 

scena e costumi Graziano Gregori

suono Hubert Westkemper

luci Angelo Linzalata

foto di scena Filippo Brancoli Pantera



Attori

Giandomenico Cupaiuolo

Elsa Bossi

Giacomo Pecchia

Giacomo Vezzani

Nicolò Belliti

Ian Gualdani

Carlo Gambaro

Filippo Beltrami

Appunti di regia

«Ho pensato di fabbricarmi un bel burattino di legno…Il burattino deve ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali»

Geppetto, misteriosamente custodendo nel suo corpo una scelta da adolescente, sogna di fabbricarsi un burattino meraviglioso e di girare con costui il mondo: viaggio da clown, da circo, avventuroso e illusionistico.

Pinocchio fa suo il sogno di Geppetto. Per realizzare quel sogno, egli dovrà toccare il fondo della sua sventura, fino a quando, trasformato in somaro, sarà stella della danza nel circo del Paese dei Balocchi e rischierà di diventare una pelle di tamburo per la banda.

 

Pinocchio è già riconosciuto come fratello dalle marionette del Teatro di Mangiafuoco: il suo ingresso trionfale nel mondo di quelle Maschere immortali sembra un battesimo ufficiale.

Qui egli raggiunge il luogo che spiega e motiva la sua nascita.

 

Da quel progetto accarezzato dal genitore (ridotto a puro fantasma nel ventre della balena) …passando attraverso il Carrozzone di Mangiafuoco (Suoni festosi di grancassa, il giubilo del Gran Teatro, attori che sembrano marionette e marionette che sembrano attori e la scena, straziante satira parodica della commedia popolare e del melodramma, in cui Pinocchio chiede a Mangiafuoco la grazia per “Arlecchino”);

… o presso la casa della fata, creatura dominata dal terrore di essere abbandonata, perduta, e costretta a sua volta a rischiare di perdere, abbandonare (ma anche quello della fata sembra essere un mondo teatrale con quei dottori e quei becchini grotteschi e surreali, con quel suo apparire e scomparire, resistendo sempre, di morte in vita, quella emblematica “massa” di capelli turchini);

…a quella ribalta che è il circo dove Pinocchio-somaro è costretto ad esibirsi;

…l’approdo è in un finale con il palcoscenico ormai vuoto quando, uscito dal sogno “di legno”, Pinocchio vede il suo simulacro abbandonato come un costume di scena.

 

Avventura onirica, notturna, di una notte definitiva, dove il giorno è solo recitato da sarcastici lampi temporaleschi e il destino del grande burattino si rivela, letteralmente, teatrale.

 

Maria Grazia Cipriani

 



Calendario

15—17 dicembre 2017
Teatro Del Giglio
Lucca
21—22 settembre 2017
Teatro Sociale
Gualtieri
1 agosto 2017
Teatro alle Tese
Venezia - Biennale Teatro
14—15 dicembre 2018
Il Funaro
Pistoia
20 marzo 2020
Rubiera-Teatro Herberia
CAUSA COVID-19 RIMANDATA A DATA DA DESTINARSI
20 gennaio 2023
Teatro Excelsior
Reggello
10—11 febbraio 2023
Festival de Liège
Liegi (Belgio)
23 febbraio 2023
Teatro Goldoni
Livorno
20 marzo 2023
Teatro Verdi
San Severo
20 luglio 2023
Festival Approdo
Giulianova
22 luglio 2023
Festial Orestiadi
Gibellina
17 gennaio 2024
Teatro Concordia
Marsciano
21 gennaio 2024
Teatro Alfieri
Castelnuovo di Garfagnana
6—11 febbraio 2024
Teatro Vascello
Roma
22 febbraio 2022
Auditorium San Domenico
Foligno

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Riconoscimenti

"Premio E.T.I. - Gli Olimpici del Teatro" come migliore scenografo a Graziano Gregori, fondatore con Maria Grazia Cipriani del Teatro Del Carretto, per la scenografia di Pinocchio

2009

Premio del pubblico a Pinocchio come migliore spettacolo al Baltic House International Theatre Festival a San Pietroburgo

2009



Recensioni

PINOCCHIO - La Repubblica Napoli

Giulio Baffi

Quando potrà mai risvegliarsi, diventato finalmente bambino, questo “Pinocchio” che Maria Grazia Cipriani ha inventato rileggendo le pagine familiari di Carlo Collodi? Quando il più celebre dei burattini del mondo potrà risvegliarsi da questo incubo affascinante in cui l’ha precipitato il Teatro Del Carretto? “Pinocchio” è in scena ancora per due giorni al Nuovo, eccellente spettacolo d’invenzione, trasformazione, tradimento. Insomma il teatro. Precipitato in un pozzo scuro di memoria malata, o arena per sadici giochi, del Pinocchio di cui ognuno ha ricordi troveremo soltanto frammenti scomposti, e naturalmente poi ricomposti secondo una sintassi d’affascinante originalità, per immagini seducenti e/o inquietanti. Così la laboriosa morale collodiana ad uso di giovanetti da educare si frantuma in un gioco visionario, non più piagnone ma invece drammaticamente ironico. Sogno venato d’angosciosa consapevolezza d’impossibile infanzia. Percorso affannato tra misteriosi sportelli che s’aprono all’improvviso, per richiudersi poi con crudeli meccaniche di sopraffazione, porticine per precipitosi salti nella memoria, ritrovamenti di figure e personaggi. In questa sarabanda malata d’imperdonabili disubbidienze e capricci incoscienti, il Pinocchio di Giandomenico Cupaiuolo lascerà un segno profondo. Da non perdere.

Pinocchio-La nuova sardegna

Walter Porcedda

Urta le coscienze, scava sino in fondo, facendo emergere tutto il male del mondo questo “Pinocchio” da Collodi, riletto in chiave artaudiana nella efficace messa in scena di Maria Grazia Cipriani per il Teatro Del Carretto, da qualche giorno nella regione per il circuito Cedac. Male e crudeltà, chiavi di un allestimento che, assai lontano da certe immagini consolatorie consolidate del romanzo per eccellenza della formazione adolescenziale italiana, ne rilancia al contrario una inedita interpretazione. Colpita da una sana bufera teatrale, in grado di buttare all’aria esegesi ammuffite e buoniste, l’allestimento mostra infatti, numerosi punti di forza di una struttura obliquamente contemporanea. Cancellati preamboli magici e fiabeschi, Cipriani si è infatti concentrata sul cuore nero del racconto raccontando, spesso sul filo del melodramma, le disavventure del burattino che volle farsi uomo. Avventura che sottende lungo il suo svolgimento scenico, quella difficile della vita. L’incontro-scontro con il potere, l’iniziazione sessuale, il gioco drammatico della sottomissione, della sopraffazione e della ricerca del riscatto. Pinocchio, superbamente interpretato dal giovane Giandomenico Cupaiuolo, che ne fa una marionetta mejercholdiana, sta chiuso dentro un claustrofobico semicerchio delimitato da pareti grigie dalle quali si aprono improvvisi spioncini o porte centrali, subito rinchiuse da dove spuntano accadimenti e visioni nel viaggio verso la liberazione dal corpo di legno. Ed è qui, in questo luogo sacrificale che si situano le stazioni teatrali di un dramma attraversato dal protagonista. Quelli dell’impiccagione, delle torture e del tradimento. Tutti dentro la storia originaria scritta da Collodi. Come i suoi personaggi. Assente, solo evocato, il convitato di pietra Geppetto, padre perso nel buio dell’oceano restano in pista, gli altri. Dal terribile capocomico Mangiafuoco ai due loschi compari il Gatto e la Volpe, l’amico sfortunato Lucignolo e la Fatina, stressantissima e complessata figura di madre, sorella (amante?). Pinocchio-maschera da Commedia dell’arte vive la sua drammatica odissea con senso teatrale della vita, scandendola con disperate e folli piroette, corse a vuoto, piagnistei e simpatiche furberie che lo riducono ad un universo popolare, fatto di ammiccamenti a Pulcinella e Arlecchino. Planano spesso a svelenire e sfumare l’atmosfera noir, le sciabolate musicali rubate a Puccini e Leoncavallo che riconducono l’allestimento sui binari di un dramma popolare profumato di “cunto”. Da non perdere.

Pinocchio (New York)-backstage.com

Christopher Murray

“In its United States premiere, Italy's Teatro Del Carretto brings a revelatory theatricality to the tale of an innocent beset by scoundrels who survives by dint of his capacity for whimsy and wonder. (...) What makes this production so amazing is the expert use of ancient theatrical tools such as color, gesture, lighting, and sound. For many audiences, the performances of Cirque du Soleil are perhaps their only exposure to a heightened theatricality of undeniably great emotional power. Pinocchio brilliantly presents such techniques in the service of an exploration of what it means to be fully human and of the mystifying impact of swinging from one adventure and mood state to another with dizzying if often exhilarating speed.

PInocchio (New York)-NYTHEATRE.COM

Daniel Kelley

“Their Pinocchio is physical theatre at its finest—alternately hilarious and horrifying with an ensemble that is so in tune and energetic as to leave you breathless. (...) The show itself is a series of evocative theatrical portraits of the events in the story of Pinocchio, making the experience more of a visual odyssey than a strict narrative. The show as a whole is held together by a relentless performance by Giandomenico Cupaiuolo as Pinocchio. From beginning to end, Cupaiuolo is a fountain of energy, as he seems to literally fight for his life throughout the performance. Behind it all, however, is a genuine humanity that makes Pinocchio sympathetic, relatable, and funny. What is most powerful about this Pinocchio, however, is its visual scope. Through a simple series of doors and windows arranged in a horseshoe around the stage, and an evocative series of costumes, designer Graziano Gregori is able to transport Pinocchio from the gallows to the circus and back again. The performances by the ensemble take full advantage of the size of this adventure—presenting larger-thanlife characters in a grandiose way that still feels honest. Director Maria Grazia Cipriani does an excellent job of organizing it all, creating some truly beautiful stage pictures.”

Pinocchio (New York)-THEATERMANIA.COM

Dan Bacalzo

“Italian company Teatro Del Carretto's original, adult-oriented adaptation of the classic fairy tale Pinocchio, currently being presented by La MaMa E.T.C., is energetic and inventive, and the presentation forgoes a linear narrative progression in favor of a more dreamlike quality. (...) The action plays out on Graziano Gregori's arena-like set, composed of a semicircular enclosure, with multiple doors. Gregori's costumes are mostly tattered white undergarments, occasionally supplemented by splashes of black or red. The men are often bare chested, and the overall look lends a more impoverished feel to the characters depicted. Indeed, this version of Pinocchio takes its cues from Carlo Collodi's original story, emphasizing some of the darker aspects to that tale while also extrapolating from it in an innovative manner.”

Pinocchio (New York)- America oggi, La repubblica

Samira Leglib

…Eccezionale la trasformazione degli attori in marionette senza fili, pupazzi privi d’anima che entrano ed escono in e dalla scena con una forza espressiva e mimica che quasi non richiede ulteriori allestimenti scenici. Un palco pressocché nudo anch’esso, il contrasto tra il bianco dei corpi e il nero della scenografia di base che la fa’ da padrona, se non a momenti, quando viene squarciato dai colori circensi di un Paese dei Balocchi che non esiste nella fiaba come nella realtà. Giandomenico Cupaiuolo, nel ruolo di Pinocchio, è un Totò del Ventunesimo secolo. Drammatico, intenso, ilare e di un’ingenuità crudele come solo i bambini hanno il permesso di avere. Il “Pinocchio” del Teatro del Carretto è più che mai una favola per adulti, quegli stessi che da bambini magari l’avevamo ascoltata così come si fa con le fiabe, senza veramente capirla, senza indagarne i perchè. Perchè Pinocchio continua a ripetere gli stessi errori e non impara mai la lezione? Pinocchio, o l’uomo in senso esteso? …

PINOCCHIO - Sipario

Nicola Arrigoni

Pinocchio del Teatro Del Carretto  un viaggio nella memoria e nelle paure del burattino di Carlo Collodi. In una sorta di arena che  anche spazio nella mente  scenografia inventata da Graziano Gregori Pinocchio (un sorprendente Giandomenico Cupaiuolo) costretto a raccontare in continuazione le sue disavventure, quasi a dover ingannare se stesso e gli altri. Questa condanna alla ripetizione finisce con l?essere un omaggio alla condanna del teatro, che vive nel suo ripetere sera per sera i propri racconti, pur consapevole della labilità della memoria scenica.

La regista Maria Grazia Cipriani porta la vicenda del burattino nei lidi oscuri della mente, in cui il burattino da protagonista diventa vittima dei propri sogni e delle proprie tentazioni.

Il Teatro Del Carretto  compagnia caratterizzata da una rigorosa ricerca estetica sui grandi testi dell'epica e della favola  mostra in questo Pinocchio una maturità invidiabile. Se la forza immaginativa del Carretto si contraddistingueva essenzialmente per l'intensità delle scene e la capacità di gestire l'inquietante ambiguità delle maschere, nel Pinocchio visto al Comunale di Casalmaggiore il gruppo toscano dimostra di aver affinato e reso intenso il lavoro condotto sugli attori. Pinocchio regala al pubblico una serata di teatro intelligente e maturo, un esempio di lettura contemporanea e creativa di un classico come la favola di Collodi

Pinocchio-Il Tirreno

Maria Teresa Giannoni

…Al timone della compagnia che ha dato spettacoli bellissimi al teatro italiano nell’arco di oltre vent’anni ci sono sempre Maria Grazia Cipriani in veste di drammaturga-regista e Graziano Gregari, straordinario scenografo. Insieme a loro Hubert Westkemper, mago del suono che ha segnato i lavori del gruppo con la sua ricerca musicale. …Sul palcoscenico anche questa volta un gruppo di attori giovani totalmente coinvolti nella poetica del Carretto. Che si potrebbe delineare come un viaggio nel mito, sia esso grandioso come l’Iliade o straconosciuto come una favola. Ma anche le favole nella versione del Carretto non sono mai consolatorie, piuttosto mettono in mostra tutte le loro ombre, i loro lati inquietanti. E’ così anche in questo “Pinocchio”. La vicenda si svolge dentro un recinto-gabbia nero in cui si aprono feritoie e quinte da dove si intravedono domatori, dalle quali escono neri becchini. E ancora maschere sul viso da gatto, da volpe, da conigli. Pinocchio è il bravissimo Giandomenico Cupaiuolo che trova una voce così smarrita e toccante per la sua creatura, e un corpo offerto in sacrificio agli spettatori. E anche questa è sempre stata una caratteristica del Carretto, quella di un teatro dove il corpo nella sua bianchezza mostra l’abisso che c’è dentro. E la fatina (Elsa Bossi) che si trasforma in mille altre creature pur mantenendo i suoi capelli turchini alla fine si mostrerà anche lei burattino come gli altri mentre Pinocchio abbandonerà i suoi abiti teatrali come una crisalide.

Pinocchio-La Nazione

Paolo Ceragioli

Con Pinocchio, nuova creazione del Teatro Del Carretto, la compagnia fondata da Maria Grazia Cipriani continua il suo cammino in bilico tra fiaba e poesia, tra sogno e realtà. Lo spettacolo è ancora fatto di maschere che celano il volto degli attori e non solo per impersonare i protagonisti del testo di Collodi, ma perché proprio di maschere si tratta. Caratteri noti, presenti nel reale o nell’immaginazione: il gatto, la volpe, la fata. Il bravissimo Giandomenico Cupaiuolo svela solo alla fine il volto di Pinocchio, divenuto umano dopo aver attraversato il suo percorso catartico, realizzando finalmente il sogno di suo padre Geppetto. La scarna e cupa scenografia di Graziano Gregari esalta la regia della Cipriani, che mette in scena una favola per gli adulti: il rincorrersi inquietante di vita e morte, tra cadute e riscatti, è un unico inno all’umanità.

Pinocchio-Il Sole24ore

Renato Palazzi

....A conferma del fatto che l’avventura del “burattino” è ridotta a un percorso tutto interiore, gli snodi del racconto – i piedi in fiamme, l’incontro con Mangiafuoco – non sono rappresentati direttamente ma come ricordati o sognati dal protagonista. Solo lui e la fata, d’altronde, sembrano abilitati a parlare: gli altri, che hanno sinistre teste animalesche, si limitano a gesti silenziosi. Anche il Gatto e la Volpe, con acuta intuizione, non possono avere una voce che ne intacchi la natura di puri archetipi: sussurrano all’orecchio di Pinocchio, che ne ripete le parole alla platea. Tutti i personaggi maschili – Geppetto, Mangiafuoco, il padrone del circo – paiono evocare un unico modello di padre autoritario, mentre alla fata tocca il ruolo della madre sentenziosa e invadente. E per sottolineare che ciò cui abbiamo assistito non è che un mero viaggio nell’inconscio, alla fine, quando Pinocchio cresce e diventa “un ragazzo per bene”, le maschere del suo metaforico teatrino psicanalitico si congelano all’improvviso in una livida immobilità: soltanto quando sarà pronto un nuovo, minuscolo “burattino” quel nero carillon sarà pronto a rimettersi in moto.

Pinocchio-La Gazzetta di Parma

Valeria Ottolenghi

Pinocchio è personaggio teatrale per sua stessa natura. Ma nel magnifico spettacolo di Cipriani/Gregori la teatralità cresce moltiplicando forme e riferimenti, circo e cabaret, melodramma e divertimento grottesco, densa e rigorosa recitazione d’attore - un gruppo straordinario per competenze individuali e raro, affascinante affiatamento – il tutto magicamente avvolto da una condizione esistenziale di dolorosa malinconia: davvero travolgente questo “Pinocchio” visto a Teatro Due, un vero incanto la creazione sonora di Westkemper che moltiplica le atmosfere, colme di echi onirici. Perché questo Pinocchio, che corre e salta, scappa e racconta, vive in una sorta di sogno, l’opera di Collodi frantumata ma integra nei suoi passaggi essenziali, le continue metamorfosi, la società che vuole domare l’anima ribelle, Pinocchio in prigione e legato come un cane, trasformato in asino, ingannato nella sua ingenuità e impiccato. Solo, ma desideroso sempre di parlare, di capire raccontando. Con la fata, ambigua madre e sorellina, che arriva a farsi credere morta per misurare la sincerità del suo dolore! La storia di Pinocchio come percorso immaginifico in un recinto nero, semicerchio d’oscure trappole e scoperte: per due volte il burattino verrà allenato allo spettacolo del circo, frustato come somaro, la seconda volta già con la testa animale. E’ il naso che, tra risatine nell’aria, pare esigere la necessità del ritorno di Pinocchio. Diversi riferimenti – nell’uso delle maschere, la figura della fata, il dolente lirismo, la cura musicale, la sensazione della perdita, della rinuncia – alla messa in scena di Carmelo Bene. Molto intelligente anche il gioco di scomposizione degli elementi teatrali – con le fiamme di Mangiafuoco, per esempio, che bruciano due bastoni mentre Pinocchio piange perché le sue gambe hanno preso fuoco e, ancora una volta, invoca suo papà. Torna più volte, doppio simbolico, la figura ridotta della marionetta. Energia e coralità. Tra le grandi opere di quest’anno! Applausi scroscianti per il protagonista e tutto il gruppo.

Pinocchio-La Repubblica

Franco Quadri

Il Pinocchio creato da Maria Grazia Cipriani per il Teatro Del Carretto è un sogno nato nella mente di Geppetto, dove non smette di girare con insistenza su se stesso. Si comincia dalla visione feroce dell’inizio, un duello in cui il protagonista finisce preso a frustate da Mangiafuoco, per coincidere col finale, al termine del lungo flashback fatto di brevi spezzoni, dove la crudeltà si lascia cullare dal melodramma, col “Ridi pagliaccio” di Leoncavallo a suggellare un incubo colorito tra l’altro da piogge pucciniane. Concepito in un dominio del buio, anche se bianche illuminazioni aprono il succedersi volutamente disordinato dei singoli episodi, lo spettacolo è ambientato da Graziano Gregori in un recinto scenico ligneo stile Plaza de Toros, dove si aprono a brevi intervalli degli spioncini per i persecutori più curiosi del burattino, i quali borbottano i loro interventi in una sorta di patois, subito tradotto scandendo le intonazioni ritmiche dal Pinocchio svariante del bravo Giandomenico Cupaiuolo, conteso tra meccanicità marionettistica e svolazzi da comico condiscendente per inseguire un destino di vittima. Dopo l’incendio che gli brucia all’inizio i piedi di legno e la serie di incontri malandrini, questo Pinocchio trova rifugio nella fatina turchina che, dopo la fase seduttiva tra altalene e lucciole, vediamo mutarsi in una mammina invadente, tutta volta al perbenismo, decisiva per la serie di torture che incombono sull’immagine umanizzata di un personaggio sempre più nostro contemporaneo e privo di vie d’uscita.

Pinocchio (New York)- THEATERONLINE.COM

Jennifer Rathbone

“The superbly dedicated ensemble cast creates abstracted movement in this surrealistic world that conveys pathos, humor, tragedy, and hyperbolic humanity, akin to Commedia dell’arte influences. When Giandomenico Cupaiuolo (Pinocchio) reluctantly wears the nose, his charmingly disentangled body, flailing humorously to control the runaway nose, abruptly constricts its muscles and freezes, contorted under the new mask. Cupaiuolo’s endurance in the use of his voice and his body throughout the physically demanding performance is an amazing feat. Elsa Bossi (La Fata) plays a spry, clever metaphysical creature with great agility and breath of character. Her doll-like movements contrast effectively with her occasional matronly moments and enhance the theatricality of the story. Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani, Nicolò Belliti, Jonathan Bertolai, Carlo Gambaro, and Elana Nene Barini collaborate to create the characters of the deceitful cat and the fox, the dancing rabbits, the ringmaster, the Master of Toyland, and a snail-like friend to La Fata. Through their use of exaggerated physical movement, props, masks, and set, the creatively endowed ensemble carries the weight of the world of this aesthetically innovative puppet-like play from beginning to end. Teatro Del Carretto’s production of PINOCCHIO transposes the audience from the theater into a surrealistic storytelling of the traditional tale with great artistic quality.”

Pinocchio

Miriam Monteleone-teatroteatro.it

***English version coming soon***

Un Pinocchio ovidiano, anticanonico e accattivante dove a rileggere le tentazioni dell’Eden dei balocchi è un cast d’eccezione di abili marionette dal volto di stucco e il corpo di carne.

Sono gli attori del Carretto, che ancora una volta fanno centro affidandosi al genio di Maria Grazia Cipriani. Chi si è seduto tra il pubblico questa volta può davvero dire di essere stato a teatro. Perché ogni dettaglio dalla scenografia (un ovale semichiuso di calcinacci abitato da feritoie da cui i personaggi irrompono); alla simbologia dei gesti e all’interpretazione dei bravissimi attori, su tutti Pinocchio (il pugliese Giandomenico Cupaiuolo) e la fatina (la minuta Elsa Bossi, energica e poliedrica, ricorda un po’ nei tratti Nicoletta Braschi) fino alla scelta della musica e della sopraffina partitura dei colpi di luce sono frutto di un metodico gioco delle parti. La grandezza della messinscena sta proprio nella sua artificiosa composizione: una rilettura del burattino di legno senza uguali, a cui partecipano i quattro elementi (nei momenti circensi che omaggiano il teatro di Mangiafuoco c’è spazio per cerchi di fiamme, fruste e cenere mentre schizzi onomatopeici richiamano al ventre umido della balena). Del grillo parlante e dei colori fiabeschi non c’è più bisogno, Pinocchio è una metafora esistenziale, che tra tentazione e pentimento conosce il Bene e il Male, piange e ride – Cupaiuolo è perfetto e nella sua cuffietta regala al pubblico smorfie e sollazzi – viene imprigionato e si libera. In un’altra felice intuizione si risolve la caratterizzazione della combriccola di Pinocchio: la fatina, una bambina e sorellina tutt’altro che turchina, tirannica e plateale; il Gatto e la Volpe, in versione lui e lei, un po’ circensi, un po’ storti e striscianti; il babbino Geppetto fittizio sulla scena, ma reale attraverso le emozioni di Pinocchio e le altre anime, tutto fare, che si improvvisano voci del coro e forze insostituibili nella composizione finale. Belle le atmosfere versatili che condiscono il dramma, dall’apocalittico al circense, fino alla nuda coreografia. Sarà anche il burattino di legno preferito dai bambini, ma Grazia Cipriani l’ha trasformato in un uomo folle, dal destino tragico, un ambasciatore teatrale più che letterario.

Pinocchio

polopositivo.splinder.com

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L'artista non copia, ruba. Il Pinocchio di Maria Grazia Cipriani ha rubato, nella rappresentazione scenografica, nei costumi, nelle maschere e nelle musiche a man bassa dalla storia d'Italia e dall'intero Novecento: dal Pirandello con il suo teatro nel teatro, o meglio, al contrario, con la sua suggestiva realtà nel teatro (la scarna scenografia è semiaperta e si intravedono gli intonaci rovinati del dietro le quinte e gli attori che si preparano per le scene successive); da Fellini per l'essenzialità meravigliosa di alcune scene e dettagli (il circo, i costumi), da Picasso per i bianco e neri e per il cubismo che si cela dietro agli  oggetti utilizzati (la bacinella, il lettino, il fuoco, l'altalena), dal carnevale di Venezia con le sue maschere eteree e misteriose, da Stephen King per le risatine fuoriscena e per alcuni momenti di improvvisa o luminosa drammaticità. In tutto ciò il burattino di legno è magicamente incarnato da Giandomenico Cupaiuolo, la bella Bambina dai capelli turchini è, invece, sorprendentemente interpretata da Elsa Bossi. "Pinocchio è una sorta di maschera teatrale che ha in sé tutta la commedia e allo stesso tempo la tragedia ed il melodramma" afferma la Cipriani: in più di un momento il pubblico, infatti, sul finire di una scena, si divide fra chi ride e chi sente la tensione del momento. Quello de il Teatro Del Carretto di Lucca è un Pinocchio drammatico e surreale, forse espressionista. Molto bello (e non dico una bugia).

Pinocchio

Patrizia Vitrugno-ilgrido.com

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È una maschera della commedia dell’arte, un personaggio senza memoria, non più – o meglio non solo – un burattino. Pinocchio è il nuovo capolavoro del Teatro Del Carretto, diretto dalla geniale mano di Maria Grazia Cipriani che aveva già incantato pubblico e critica con lo strepitoso Biancaneve, partorito nel 1983. Gli attori sono marionette dal volto di stucco e il corpo di carne; si muovono con la grazia di ballerini e la scioltezza di artisti circensi. La scena – creata da Graziano Gregori che cura anche i costumi – è cupa: un semicerchio composto da pannelli neri, che diventa ora prigione, ora recinto, ora tendone di un circo nel quale il burattino sarà costretto ad esibirsi.
Dall’arena/gabbia teatrale Pinocchio non potrà uscire se non alla fine, una volta che si sarà liberato della maschera, esemplificata dal suo naso. Un Pinocchio quasi surreale, instancabile quello interpretato da Giandomenico Cupaiuolo, definito all’indomani del successo riscosso a New York Il Totò del XX secolo. Un parallelismo pesante per un attore così giovane ma che non ha nulla di azzardato. E’ bugiardo, giocherellone, egoista; appassionato, disincantato, ingenuo. È Pinocchio nelle mille sfaccettature che scaturiscono dallo studio sul corpo, sulla voce e sull’anima che caratterizza da sempre i lavori della Compagnia Del Carretto. (…) Tirannica e bizzarra la Fatina dai capelli turchini, la minuta ma energica e poliedrica Elsa Bossi. Il suo mondo è pieno di teatralità: una casa che non è
più rifugio sicuro per uno smarrito e malato Pinocchio, ma che diventa un luogo dove trovano vita dottori e becchini grotteschi, dalla civetta al corvo. In versione Lui e Lei, il Gatto e la Volpe (Giacomo Pecchia e Giacomo Vezzani): entrambi un po’ storti e striscianti, muti ma eloquenti nel portare il burattino sulla cattiva strada. Ottima prova attoriale per tutta la compagnia, affiatata e ben equilibrata che dona allo spettacolo vibrante intensità, sottolineata anche da intrusioni operistiche a metà tra serio e faceto. La grandezza della messinscena raggiunge l’apice nei momenti circensi che omaggiano il teatro di Mangiafuoco dove c’è spazio per cerchi di fiamme, fruste e cenere. Contribuiscono infine a
dare allo spettacolo un’aura da sogno, i curatissimi suoni del pluripremiato fonico Hubert Westkemper. Uno fra tutti: gli schizzi onomatopeici che ci riportano nel ventre umido della balena. Un teatro di qualità, curato sin nei minimi dettagli, originale, autentico, mai follemente azzardato: una scommessa vinta, l’ennesima, per la talentuosa Compagnia del Teatro Del Carretto.

Pinocchio

Susanna Battisti - Fogli e parole d'arte

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Non sorprende che la Compagnia del Teatro Del Carretto, da sempre attratta dal mito e dalla fiaba, abbia trasformato il capolavoro di Collodi in una meravigliosa trasposizione scenica, fortemente meta-teatrale e di intensa magia visiva, che, anche in virtù della perfetta orchestrazione dei movimenti scenici degli attori, segna l’apice della maturazione artistica del gruppo toscano. La regia di Maria Grazia Cipriani rappresenta la storia del burattino come fosse un sogno dalle tinte oscure e lunari, un’avventura illusionistica immaginata dallo stesso protagonista. Sebbene i gangli essenziali del romanzo siano tutti oggetto di rappresentazione, l’azione spezza la coerente linearità narrativa del racconto, per privilegiare la connessione analogica degli episodi. Mastro Geppetto che ha creato il suo personaggio circense per inseguire un suo sogno adolescenziale, rimane dietro le quinte, forse per osservare la sua stessa invenzione. La scena ideata da Graziano Gregori è un’arena semicircolare, delimitata da pareti nere da dove si aprono porte e feritoie dalle quali sbucano i fantasmagorici compagni d’avventura e di sventura di Pinocchio. La scena d’apertura è di inaudita violenza, con Mangiafuoco che prende a frustate il protagonista per forzarlo a recitare il malinconico spettacolo della sua vita. Quel che segue è una girandola vorticosa di visioni frammentarie, di schegge di episodi di una odissea che è sostanzialmente metafora della vita.

Pinocchio

Emanuela Cicoira-napoli.com

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“Pinocchio” è un classico, una di quelle opere letterarie immortali «che si crede tutti abbiano letto e che tutti crediamo di aver letto» (Bennett). Un libro «di cui si dice al massimo “sto rileggendo” e mai “sto leggendo”» (Calvino). Una favola intramontabile.

Carissimo Pinocchio, amico dei sogni più lieti… Eppure, dopo aver visto il meraviglioso allestimento del Teatro Del Carretto (…) ci si rende conto che sul capolavoro di Collodi c’è sempre qualcosa da scoprire, dettagli su cui non si è mai riflettuto, risvolti spesso tralasciati o dimenticati. La brava regista e adattatrice Maria Grazia Cipriani, forte della collaudata collaborazione con lo scenografo Graziano Gregori, si lascia elegantemente alle spalle gli stereotipi più consolidati e consunti e sposta l’attenzione sul “cuore nero” del racconto, sui risvolti crudeli delle disavventure del burattino… Anzi, urge rettificare: Pinocchio in realtà è una marionetta. Si muove coi fili, non con i gesti della mano nascosta sotto un corpo di sacco. La differenza, teatralmente parlando, è di notevole importanza, e Pinocchio, nonostante le origini letterarie, è personaggio da teatro. Ha per sua natura quella grazia dovuta all’incoscienza di sé che ha ispirato le teorie di Craig e di Mejerchol’d, tanto per citare due nomi noti del Novecento sicuramente non estranei, peraltro, allo spettacolo del Carretto. (…)

Il Pinocchio magistralmente interpretato da Giandomenico Cupaiuolo vive il suo sogno e la sua fiaba con burlesca meraviglia, scherza con la sublime incoscienza dell’essere marionetta, un po’ finto e un po’ vero, un po’ Pulcinella un po’ Arlecchino, un po’ craighiano un po’ beniano, ovidianamente metamorfico, pupazzo, asinello e poi bambino.

Rischia di annegare più nel molteplice della sua essenza che tra le fauci della balena. Alla fine si smaschera, getta cuffietta e naso e si congeda, sfilando verso le quinte, mentre i fantocci del suo teatrino gli si accartocciano ai piedi. Solo all’apparire di una vera marionetta in miniatura “quel nero carillon” riparte, e il valzer dei miti collodiani torna al suo circolo perpetuo.

Pinocchio

Rita Cirio- L'Espresso

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…Le fiabe, almeno le più belle, non sono certo rasserenanti. Come dimostra il “Pinocchio” magnificamente illustrato dalla regista Maria Grazia Cipriani e dallo scenografo e costumista Graziano Gregori del Teatro Del Carretto di Lucca, che lo mettono in scena come un sadico viaggio nell’inconscio della fiaba noir di Collodi.
Niente levigate e colorate atmosfere disneyane, le luci di Angelo Linzalata svelano un mondo grigio e calcinato, dominato da un bianco e nero spezzato solo dalla cuffietta turchina dell’omonima fata e dalle giubbe rosse che vestono il Paese dei Balocchi. Tutto appare in forma di incubo, di quelli di cui sono ghiotti gli psicoanalisti, forse sognato da Geppetto che non sembra mai apparire. Come la Balena, di cui purtroppo, un po’ delusi, non vediamo neppure i fanoni ed è evocata solo dai cupi rumori dell’acqua spostata. Gli altri animali, Gatto e Volpe in testa, appaiono piuttosto inquietanti, più vicini alle creature di Fussli che a quelle di Disney. Una menzione speciale va alla Lumachina mirabilmente ondivaga che striscia con un secchio di latta sulla schiena al posto del guscio, e ai valzer animaleschi di gatti e conigli mannari. E naturalmente all’imprevedibile Pinocchio già adulto e barbuto, le gambe dinoccolate da burattino, di Giandomenico Cupaiuolo.

Pinocchio

Franco Cordelli- Il Corriere della Sera

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…Quasi subito siamo investiti da un'aria celebre, «Ridi pagliaccio»; e un vento di musica ottocentesca spira lungo l'arco dell'intero spettacolo. Ma il problema è: in che senso il melodramma? Nel senso, direi, del «tu, sanguinosa infanzia», in un senso di irredimibile dolore, contratto fin dal nostro essere catapultati nel mondo.

Pensando a Pinocchio in termini teatrali o figurativi vengono in mente gli opposti, il Pinocchio sarcastico, efferato, intellettuale di Carmelo Bene, e quello acchiappagrulli di Roberto Benigni. Per la Cipriani, la magia dell'infanzia è la magia del teatro, ma si colloca là dove era Tadeusz Kantor: persone come pupazzi e pupazzi come persone. La Cipriani procede per sintesi fulminanti, taglia, trascura episodi memorabili, arriva al punto: che è un punto più oscuro di quello descritto da Garroni riassumendo i primi quindici capitoli. Pinocchio è una vittima sacrificale, lotta per la sopravvivenza, è da tutti turlupinato, vessato perfino o in specie dal padre (che non c' è, che è solo un abito, un' idea). Nello spettacolo del Carretto Pinocchio (l'ipercinetico Giandomenico Cupaiuolo) è sì bugiardo e ostinato ma è anche cavia per esperimenti sadici. È circondato da un mondo ostile, dal quale non c' è scampo.

Pinocchio

Gianfranco Capitta- Il Manifesto

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Il Teatro Del Carretto ha costruito nell’arco di venticinque anni un proprio segno preciso nel teatro italiano. Maria Grazia Cipriani, che ne è la demiurga (assieme a Graziano Gregori che crea il fondamentale apparato visivo) ha visitato nel tempo le tracce profonde e generalmente “innocenti” del nostro immaginario, che fossero le favole dell’infanzia o i poemi omerici o anche Romeo e Giulietta e il Sogno shakespeariani. Comunque sempre elementi ben noti ad un pubblico di adulti e ragazzi, così che la narrazione potesse agire ad un livello più profondo, oltre l’apparenza delle convenzioni e delle iconografie correnti, mescolando maschere, pupazzi e attori in carne e ossa. Un teatro molto particolare, che ha avuto modo di farsi apprezzare e riconoscere in Italia e all’estero. Ora, dopo qualche tempo di assenza, è tornato a Roma con la sua ultima creazione, la favola più nota e forse amata nel nostro paese, Pinocchio. Ma svanisce subito, all’aprirsi dell’arena circense in si svolge il viaggio del burattino in flash back, tutta la bonarietà di Collodi. I personaggi (a cominciare dal protagonista stralunato e indomabile impersonato senza risparmio da Giandomenico Cupaiuolo) sono tutti fisicamente sfatti e segnati e sdruciti, quanto anfetaminici in quella rincorsa della vita che degli umani burattini è il motore profondo.
Questo Pinocchio del Carretto marcia instancabile dentro gli scenari che Gregori ha sparso in quello spazio pur limitato, tra porte invisibili, finestre malandrine e botole della coscienza. Lo animano questa volta le sonorità di Hubert Westkemper, moltiplicando la ricchezza e la pericolosità di un paesaggio che pure è il nostro quotidiano. Tra maschere e fantasmi più paurosi degli umani Pinocchio incarna l’occhio onesto e candido di ogni creatura, e sarebbe destinato a soccombere se non fosse per il piacere di fare teatro, in un’esperienza che anche per gli spettatori si rivela di rara intensità e partecipazione.

“Un Pinocchio manovrato dalla potenza dell’immaginazione”-Radioeco.it

Signore e signori Maria Grazia Cipriani è tornata. È tornata, in splendida forma, a colorare i nostri occhi di un teatro utile e unico. Dopo un periodo di esplorazione, Il Teatro Del Carretto torna sicuro e pronto a raccontare una nuova storia, come solo la compagnia lucchese sa fare.
Don Chisciotte è un personaggio talmente noto e popolare da essere diventato modo di dire, aneddoto, simbolo. Annoverato nella schiera dei grandi eroi della letteratura ci guarda e guida insieme a Ulisse e Orlando nel peregrinare della vita. Il Don Chisciotte che ha preso vita al Teatro del Giglio, come un Pinocchio manovrato dalla potenza dell’immaginazione, è dinoccolato e incerto. Un ottimo Stefano Scherini, racconta nel movimento e nella voce la magnificenza decaduta dell’eroe e contemporaneamente dell’antieroe. Con grande sapienza attoriale rimane delicato e puro, sfinisce sé stesso in una lunghissima battaglia che diventa struggente nel Bolero ballato con la Sorte.
Di contorno, lo scudiero Sancho Panza è costruito perfettamente intorno al protagonista. Sempre servo e amico, sensazionalmente capace di essere schiavo e padrone della situazione. Giullare, compagno, cavallo e corazza, Sancho diventa la perfetta stampella che tiene insieme tutta l’opera. Intorno ai due personaggi, una figura danzante non annoverabile tra le figure umane. Gualdani si fa uomo, donna, amante, seduttrice, cornacchia, mandria, destino, pazzia. Tutto in un solo corpo padrone di infinite identità che sembrano uscire direttamente dalla mente del paladino, ogni volta nella forma e nell’energia utile ad affrontare ogni impresa.
Cipriani e con lei tutta la schiera di scenografi, luciai, costumisti crea una macchina scenica complessa e articolata, resa visibile dal teatro aperto che si libera dallo spazio chiuso tipico usato negli ultimi lavori. Il teatro diventa metacasa delle imprese eroiche del protagonista e tutto si trasforma in una messa inscena, si perde la distinzione
tra reale e verosimile, la follia consapevole guida il movimento e lo sforzo e si finisce per perdersi nella Mancia teatrale.
La musica e le danze, i suoni, i rumori aiutano il susseguirsi degli incontri di Don Chisciotte, ogni volta scanditi dalla polvere rossa che macchia il pavimento e che lo trasforma in un’arena per la grande ultima sfida. Dulcinea, immaginata, illusoria aleggia costantemente sulle teste di tutti a simboleggiare quella stella irraggiungibile a cui tendere.
Perché in tutto questo buon teatro, recitato come Dio comanda e denso di visione e creatività, la cosa che colpisce come una freccia da innamorati è la forza e la potenza della tenacia e della lotta, della tensione. In un’epoca così oscura, dove l’immaginazione, il tentativo e il rischio sembrano tabù, l’Ultimo Chisciotte continua a lottare per tutti noi contro il male. Libera gli oppressi, ama solo con gli occhi, cerca e arranca, colpisce mulini a vento. E fa tutto questo perché è giusto, perché solo la meta, anche se irraggiungibile è quella che spinge il primo passo, che fa dire ancora “Sancho, c’è bisogno soprattutto d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto”.
Ecco, Don Chisciotte è un inno alla dignità, alla presa di responsabilità di ognuno. Con una grande sagacia tragicomica il Teatro del Carretto sacrifica il suo Chisciotte come condottiero in prima linea di una battaglia che spetta a tutti noi.